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 RASSEGNA STAMPA

Attilio Nani (Clusone 1901 - Bergamo 1959)

Attilio Nani, nasce a Clusone, in Piazza S. Anna, il 19 maggio 1901 da Abramo e Margherita Legrenzi. Nella stessa piazza il padre teneva bottega di “argentatore, doratore e cesellatore d’arredi sacri e profani” con una tradizione antica di famiglia che risale probabilmente al 700 e che è continuata per tutto l’800 sempre come ramai, argentieri, peltrai e cesellatori.
Nella bottega del padre, Tilio apprende i rudimenti del mestiere per poi frequentare saltuariamente, negli anni 1915-16-17, l’Accademia Tadini, raggiungendo a piedi, andata e ritorno, Lovere. La passione e la tenacia non gli fanno difetto perché Tilio ottiene i primi riconoscimenti che lo inducono a passare a Bergamo, all’Accademia Carrara, dove ottiene una menzione onorevole nel 1920.
Interrompe i suoi studi a causa di un infortunio del padre ed assume la piena gestione della bottega, dimostrando doti di creatività che lo spingeranno oltre l’ambito ristretto della bottega artigiana.
Gli artisti che frequentano la bottega clusonese, il Siccardi in particolare, lo spingono a liberarsi del sia pur nobile mestiere per esprimersi più artisticamente nello sbalzo.
Nel 1926 si sposa con Teresa Guerinoni e si trasferisce a Bergamo dove, in Via Torretta, apre una bottega che diviene, ben presto, meta d’artisti e intellettuali bergamaschi, da Manzù a Pizzigoni, da Muzio a Barbieri, da Sandro Angelini a Costante Coter, a Gavazzeni, tutti interessati al fiorire della produzione artistica di Tilio Nani che non manca di stupire, per la sua ispirazione, per la semplicità e profondità dell’espressione che si avvale, ad un tempo, del sentimento narrativo che permette una lettura ed una piena comprensione dell’opera, e delle esigenze strutturali delle forme che egli lega alla tradizione ma che sa rinnovare a fondo.
Continuando il lavoro paterno, comincia a comporre motivi decorativi su piatti e vasi presentati alle mostre d’arte decorativa nelle Biennali di Monza del 23 e del 25 e poi alle Triennali di Milano dal 30 al 36.
Al concorso di sbalzo e cesello “Graziali” di Brera ottiene il primo premio.
Oltre all’attività dello sbalzo, dai piatti ai vasi ai ritratti a tutto tondo, figurette, bassorilievi, composizioni, maschere ed opere d’arte sacra come ostensori, calici, croci, si dedica alla scultura eseguendo parecchie opere sia in terracotta sia in bronzo sia in cera.
Partecipa alla seconda, terza e quarta Quadriennale di Roma del 35 e del 39 e alla ventesima Biennale di Venezia nel 51.
Negli anni 40 modella Vie Crucis, notevoli coperchi di fonti battesimali e altri capolavori d’arte sacra tra i quali spicca la splendida urna di S. Bassiano alla cattedrale di Lodi. Dopo la guerra si esprime in una serie di bellissime classiche medaglie rinnovando, senza stravolgerli, i canoni di questa arte antica.
Negli anni 50, oltre alle moderne Pietà in bronzo e ai paliotti d’altare, dove lo sbalzo raggiunge notevoli equilibri tra espressività e strutturalità, lavora alla porta bronzea della chiesa di Verdello, un capolavoro perfettamente integrato nelle strutture preesistenti dell’edificio.
La sua ultima produzione, della seconda metà degli anni 50, dall’Allegoria della Vita di Zogno, ai vari Angeli della Resurrezione e della Pace, sono sintesi efficaci di dinamicità, di padronanza tecnica e di modernità, intesa come rinnovamento di forme classiche in nuove espressioni, sempre comprensibili nella loro asciutta bellezza e nel loro alto significato.
La sua opera appassionata, sostenuta da una forte ispirazione umana e religiosa e da una costante e rigorosa ricerca, si chiude con la tiara di papa Giovanni completata poco prima della morte avvenuta il 13 ottobre del 1959.
Le sue opere hanno arricchito numerose chiese, non solo bergamasche e la sua bottega ha continuato a vivere, grazie all’apporto significativo dei figli Claudio, Beppe e Cesare che, con l’altra figlia Margherita, conservano numerosi disegni ed opere del padre e ne tramandano la memoria. Un’imponente documentazione grafica e fotografica è depositata presso la Biblioteca Mai. La famiglia ha fatto diverse donazioni al Museo d’Arte Diocesano, al Museo della Basilica di Gandino, all’Accademia Tadini di Lovere e al Museo d’Arte Moderna di Bergamo.